Un viaggio tra poesia, arte, letteratura, teatro insieme alla figura di Francesca da Rimini. Un’occasione per scoprire come il personaggio più amato della Divina Commedia abbia preso vita e sia stato oggetto e soggetto di numerose interpretazioni e aspirazioni. Da una ricerca di Roberta Fidanzia, Presidente del Centro Studi Femininum Ingenium, ideatrice e coordinatrice scientifica del progetto “Le figure femminili nella Divina Commedia” e ideatrice e curatrice della Mostra “Figure femminili della Divina Commedia nelle tavole di Gustave Dorè”, scopriamo che esistono due ‘Francesche’. C’è la Francesca di Dante, racchiusa nel quinto canto, nella quale solo il Poeta era riuscito a coniugare, in maniera sublime e misteriosa, peccato e bellezza, amore e morte, passione, pena e amorosa pietà. C’è poi una Francesca “nuova”, nata quattro secoli dopo, che, seppur ispirata dai versi del Poeta, ha vissuto e vive ancora, invece, con vita autonoma e con opere dedicate a lei soltanto. Più che del Sommo, è figlia delle sensibilità e delle pulsioni romantico-patriottiche che affondano le loro radici nell’Ottocento. Francesca è sempre protagonista in veste di espressione poetica, di icona del bacio e della fedeltà, come simbolo di libertà e di affermazione di diritti come l’hanno sentita, vissuta e descritta, tra Otto e Novecento, più di duemila artisti romantici d’ogni paese d’Europa e d’America. Gli elementi che vengono presi in esame sono l’amore in senso sensuale, la passione, il mancato autocontrollo, il prevalere dell’impulso sulla ragione, il peccato, il senso di colpa, la preghiera (nell’opera poetica dell’inglese Leigh Hunt contemporaneo di Silvio Pellico), la libera scelta, la morte, la condanna, la pietà.