Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque, […]
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
Ugo Foscolo, A Zacinto, 1802
La storia dell’esodo giuliano-dalmata è una storia fortemente drammatica. La violenza a cui furono sottoposte centinaia di migliaia di persone, di italiani, il dolore del distacco brutale dalla propria terra è cosa che ancora oggi pochi conoscono. La lacerazione profonda presente in uno sguardo che mai più rivedrà la propria casa, la propria terra, esprime un immenso sentimento d’angoscia che è il sentimento dell’esule. L’esule che non avrà mai più il suo paesaggio da guardare, da amare, da respirare e che rimarrà per sempre con il respiro tagliato, sospeso, in una specie di limbo che lo circonderà per tutta la vita. È come il dolore di una ferita, dello strappo di un proprio organo vitale. Quel paesaggio che era il proprio punto di riferimento, quel mare, quel cielo, quei colori, quegli alberi, quei fiori, quelle montagne, quelle valli… il senso di orientamento e di appartenenza lascia lo spazio ad un disorientamento e ad un vuoto profondo, inguaribile, che diventa la compagnia di tutta la vita.
Abbiamo parlato di questa terribile esperienza con una protagonista d’eccezione: l’Autrice Istriana Marisa Brugna. Attraverso le pagine del suo libro testimonianza Memoria Negata. Crescere in un Campo Raccolta Profughi per Esuli Giuliani, è possibile sentire sulla propria pelle il dolore del distacco eterno dal proprio luogo di nascita e le fatiche del sacrificio di intere famiglie, ma è anche impossibile non percepire e non condividere il senso della memoria e comprendere l’importanza di tramandare la propria identità e le proprie radici.
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